IN QUESTA SEZIONE TROVATE UNA BREVE DESCRIZIONE DEI PROGETTI DI RICERCA CONDOTTI DAL CENTRO STUDI. NELLA SEZIONE “PUBBLICAZIONI” TROVERETE I TESTI O I RIFERIMENTI DELLE PUBBLICAZIONI AD ESSI COLLEGATI.
Il fantasma delle bande. genova e i giovani latinos, a cura di Luca Queirolo Palmas e Andrea T. Torre, F.lli Frilli, Genova, 2005
I problemi dell’immigrazione minorile latinoamericana studiati attraverso una ricerca basata sul metodo dell’osservazione partecipante; sono stati intervistati testimoni privilegiati, operatori sociali, insegnanti, educatori e, soprattutto, molti ragazzi. Il libro: Dalla metà degli anni Novanta la popolazione proveniente dal Sud America (soprattutto dall’Ecuador) è diventata la componente maggioritaria degli immigrati soggiornanti nell’area genovese. Le donne sono state protagoniste di questa crescita repentina. Nel corso degli ultimi anni con il consolidamento di questa popolazione, si è registrata una grande crescita di minori che sono nati a Genova o si sono ricongiunti con le madri. L’aumento della popolazione giovanile (e maschile) ha, in pochi mesi, ribaltato l’immagine dell’immigrazione sudamericana; dalle docili donne badanti si è passati alla costruzione ed esasperazione del fenomeno “bande” con toni sempre più drammatici e allarmistici. Questa ricerca è stata condotta nei luoghi frequentati da questi giovani (dalla scuola al gruppo religioso, dalla discoteca al centro commerciale) attraverso il metodo dell’osservazione partecipante. Sono stati intervistati testimoni privilegiati, operatori sociali, insegnanti, educatori e, soprattutto, molti ragazzi che hanno espresso le loro aspettative,speranze e timori rispetto al nuovo contesto che li accoglie. Ne emerge un quadro complesso ricco di difficoltà, di qualche rischio e di molte speranze.
La scuola plurale in Liguria. Una ricerca su didattica e mediazione culturale, a cura di Francesca Lagomarsino, Andrea T. Torre (a cura di), Il Melangolo, Genova, 2009
Il volume è il frutto di una ricerca finanziata dall’Assessorato all’Istruzione della Regione Liguria e realizzata dal Centro Studi Medì in collaborazione con il DISA dell’Università di Genova. In esso si affronta il tema della scuola “plurale”, dove quotidianamente convivono alunni di molteplici nazionalità; partendo da una ricerca sul campo nella scuola ligure viene delineato uno scenario quanto mai attuale nella società italiana contemporanea. In questa analisi il mondo della scuola evidenzia le proprie potenzialità e limiti, progettualità e lacune, confermandosi nel contempo come una delle istituzioni che meglio sa rapportarsi con le migrazioni, uno dei più potenti fattori di mutamento socio-culturale del nostro tempo.
Famiglie in movimento. Separazioni, legami, ritrovamenti nelle famiglie migranti, a cura Maurizio Ambrosini, Emanuela Abbatecola, Il Melangolo, 2010
Il volume raccoglie i risultati di una ricerca finanziata dall’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Liguria svolta sul territorio regionale dal Centro Studi Medì. Migrazioni nel Mediterraneo. Questa ricerca intende affrontare, tra le prime in Italia, il fenomeno della ristrutturazione delle relazioni familiari dei migranti, attraverso l’esperienza della separazione e della ricomposizione dei nuclei familiari. Il contesto di analisi è quello ligure, dove è stato particolarmente marcato, negli ultimi quindici anni, il ricorso a donne migranti (e sempre più, anche uomini) per tamponare le carenze del sistema di cure della popolazione anziana con problemi di autosufficienza e consentire l’accudimento a domicilio dei beneficiari, nel contesto delle loro relazioni familiari. La domanda che ha innescato la ricerca muove da questo paradosso: le nostre famiglie danno una risposta ai loro problemi di cura facendo appello al lavoro di altre persone (le donne immigrate), che cercano di provvedere alle esigenze delle proprie famiglie (dei figli anzitutto) distaccandosi da esse. Alcune famiglie (le nostre) in tal modo si rafforzano, o quanto meno riescono a fronteggiare più adeguatamente il sovraccarico funzionale che grava su di esse, mentre altre (quelle dei migranti) si indeboliscono, o quanto meno devono ricorrere a strategie sofferte e spesso fragili per riuscire a puntellare il loro precario equilibrio.
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De heso no se habla. Percezioni e pratiche della sessualità tra i giovani latinoamericani. A cura di Chiara Pagnotta e Francesca Lagomarsino, 2011
Negli ultimi anni a fronte dell’aumento della presenza di donne provenienti
dall’America latina e in particolare di giovani adolescenti, si è da più parti
sottolineata la necessità di approfondire da un punto di vista teorico e di ricerca, le
tematiche relative alla sessualità con particolare attenzione ai temi delle IVG e delle gravidanze precoci.
Questi aspetti, complessi e articolati, sono stati trattati con una particolare
attenzione sia rispetto alle dinamiche sociali e individuali legate alla costruzione dei
ruoli di genere e dell’identità, sia rispetto all’influenza dei processi migratori sulle
esperienze individuali (vissuti direttamente o come seconda generazione).
Il nostro lavoro di analisi è dunque partito dall’esigenza di approfondire la
conoscenza degli aspetti sociali legati a questi fenomeni, per sviluppare conoscenze
specifiche e progettare interventi adeguati, in termini di prevenzione e informazione, per i destinatari dei servizi pubblici, in particolare per adolescenti e giovani individuati come i soggetti più a rischio.
Il nostro obiettivo è stato quello di realizzare una ricerca i cui risultati potessero avere un impatto in termini conoscitivi e anche formativi innanzitutto con gli operatori dei servizi pubblici che si occupano di queste tematiche .
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I venditori di fiori. Analisi di un’attività “marginale” a Genova, a cura di Francesca Lagomarsino e Andrea T. Torre, 2012
La vendita ambulante di fiori da parte di stranieri non è un tema nuovo nel panorama genovese, anche se in realtà non esistono studi specifici o ricerche approfondite sul tema. Una quindicina di anni fa a seguito dei disordini di Piazza Caricamento del 1993 e dopo gli sgomberi dei dormitori abusivi del Centro Storico c’è stata un’attenzione particolare, sia da parte dei media che da parte dei servizi educativi presenti sul territorio, verso la realtà dei giovani maghrebini venditori
ambulanti. In questi anni si sono sviluppati sia interventi sociali ed educativi, sia studi e ricerche sul tema ma con una specifica attenzione verso il caso dei minori, arrivati in Italia al seguito del padre o di altri adulti. Scarsa attenzione è stata invece dedicata al caso della vendita ambulante da parte degli adulti, che negli ultimi anni ha visto sempre di più una diversificazione in termini di gruppi
nazionali, non solo maghrebini (soprattutto o quasi esclusivamente marocchini) ma anche immigrati provenienti dal subcontinente indiano, bengalesi, indiani, pakistani.
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Il passo seguente. Studenti stranieri nell’Università di Genova, Francesca Lagomarsino e Andrea Ravecca, 2013
La giovane poetessa Queenia Pereira de Oliveira sintetizzò così la propria condizione; essere una giovane straniera equivale ad “uscire da casa con un paio di chiavi, sapendo che il padrone di casa (mia) può cambiare la serratura e lasciarmi fuori”.
Purtroppo sono noti tutti i gravi limiti e le carenze che la legislazione italiana in merito alla cittadinanza e alla regolamentazione dell’immigrazione porta con sé; si tratta di un’impostazione largamente superata – risale alla fine degli anni ‘80 – che non tiene conto del grande cambiamento demografico dell’Italia negli ultimi 30 anni. Nonostante questi ostacoli e un dibattito pubblico che non si scosta, per superficialità e pressapochismo, dalla dimensione legislativa, le dinamiche migratorie si sono largamente sviluppate e stanno modificando profondamente il Paese. Nel momento in cui stiamo ancora dibattendo di classi miste e di quote di bambini stranieri nelle scuole primarie, nel contempo, registriamo una crescita notevole della presenza di giovani stranieri di seconda generazione nelle Università Italiane. Tra gli studenti stranieri nell’università di Genova coloro che si sono diplomati in Italia sono soltanto poco più di un quarto 26,8%; sono però loro il target di questa ricerca perché rappresentano quella parte di seconde generazioni che stanno compiendo un percorso di inclusione importante e ben sintetizzano il processo di radicamento delle famiglie di origine immigrate. Gli studenti stranieri che frequentano l’università sono ancora una piccola minoranza del totale ma proprio per questo è fondamentale capire le traiettorie, le difficoltà e le prospettive di questi giovani, le condizioni che hanno favorito il loro approdo allo studio universitario. Dalle interviste in profondità con una trentina di studenti abbiamo provato a sintetizzare tre profili: Soddisfatti/in cammino; Cosmopoliti/integrati; Disorientati/delusi;Si tratta di un primo passo in un ambito di ricerca di grande interesse che andrà sviluppato con nuovi approfondimenti.
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Peer orientation in contesto multiculturale. Una ricerca-azione tra gli studenti di scuola superiore a Genova, a cura di Francesca Lagomarsino e Andrea Ravecca, 2014
L’obiettivo della ricerca-azione è stato quello di sperimentare l’azione di peer-tutoring di un equipe di studenti universitari stranieri (appositamente formati) rivolta a studenti stranieri ( e italiani) frequentanti la scuola secondaria di secondo grado nella fase di scelta del percorso universitario;
La sperimentazione dell’azione di tutoraggio si è svolta in 4 Istituti Secondari Superiori dell’area genovese che vorranno interagire portando i loro suggerimenti e proposte.
La ricerca-azione si è proposta, quindi, i seguenti obiettivi sul campo:
- Supportare lo studente nella valutazione sull’eventuale proseguio degli studi dopo la Scuola secondaria;
- favorire e supportare lo studente nel momento della scelta dell’Università:
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Gioventù ed etnicità sotto la lanterna. Le seconde generazioni a sampierdarena negli anni ’10: una ricerca tra scuola e territorio a cura di Simone Castellani e Júlia Pàmias Prohias (2015/2016)
Il progetto di ricerca sul campo vuole ripercorrere un lavoro svolto circa 10 anni addietro legato alla presenza di giovani latinos nel contesto genovese. Il lavoro di ricerca sul campo condotto dal Centro Studi Medì nel periodo 2003-2005 ha prodotto diversi materiali e volumi, molto citati nella letteratura sul tema .
Pertanto l’obiettivo di questa ricerca è ritornare nei contesti studiati in allora per capire a distanza di dieci anni che evoluzione ha avuto la presenza delle seconde generazioni.
Saranno soggetti di interlocuzione principali i contesti scolastici (Scuole primarie e secondarie) e formativi (la formazione professionale) e le agenzie di socializzazione (Centri socio-educativi, Associazioni e Associazioni Sportive).
La ricerca pertanto utilizzerà sia la tecnica quantitativa (analizzando la presenza numerica, la presenza scolastica e i dati sul successo scolastico e i risultati dei percorsi di formazione professionale) che quella qualitativa scendendo nelle strade e nei luoghi dove i giovani stranieri vivono (le scuole in primis) e raccogliendo, anche attraverso l’approccio della sociologia visuale le rappresentazioni e le auto-rappresentazioni dei giovani e degli stakeholders presenti sul territorio.
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Strategie, resilienze e rientri nel decennio della grande crisi. Cittadini stranieri a Genova negli anni della grande crisi (2008-2016), Deborah Erminio, 2017
La quantificazione delle persone che rientrano in patria è una questione spinosa, come ampiamente illustrato nella prima parte del rapporto. La quota dei permessi di soggiorno scaduti e non rinnovati getta una prima luce sul fenomeno ma senza riuscire a definirne quantitativamente i contorni, perché sarebbe scorretto supporre un’equivalenza tra il venir meno di un permesso di soggiorno e un trasferimento all’estero (si può decidere di rimanere in Italia in condizione di irregolarità).
La quantificazione del fenomeno
I dati anagrafici consentono una serie di considerazioni più puntuali, soprattutto all’indomani delle rilevazioni censuarie, poiché determinano una revisione della banche dati amministrative. Com’è noto uno dei principali problemi dei dati sui residenti è quella della sovrastima della popolazione straniera presente, che si caratterizza per una maggior mobilità rispetto a quella autoctona; è in particolare la dinamica migratoria in uscita che causa uno scollamento con la realtà. Le persone che si trasferiscono all’estero raramente ne danno comunicazione all’Anagrafe comunale, di conseguenza rimangono iscritte come residenti pur non essendo più effettivamente sul territorio, generando il doppio effetto di avere un surplus di soggetti conteggiati tra i residenti e una scarsa visibilità dei flussi migratori in uscita.
Ad ogni Censimento quindi il calcolo della popolazione residente riparte, determinando una discontinuità nella serie storica dei dati, per ovviare alla quale l’Istat procede alla ricostruzione intercensuaria della popolazione nel decennio precedente. È quest’ultima fonte di dati che consente di leggere le migrazioni di ritorno.
Il bilancio demografico della popolazione ricostruito nel decennio dal 2002 al 2011 consente di dire che si sono trasferiti dall’Italia all’estero 1 milione e 200 mila stranieri, in gran parte rientrati nei paesi di origine, a fronte dei 200 mila che risultavano ufficialmente dalla anagrafi. In Liguria i rientri in patria ammontano a più di 30 mila a fronte dei 5 mila registrati. Detto altrimenti solo 1 persona su 6 si cancella dall’anagrafe per trasferire la propria residenza all’estero.
Spalmato sul decennio questo dato indica che ogni anno circa 3.000 persone straniere sono andate via dall’Italia. Il dato viene confermato anche dai dati dell’Anagrafe del Comune di Genova che cancella i propri iscritti in base a tre motivi: comunicazione di trasferimento di residenza all’estero da parte del cittadino, cancellazione per scadenza del permesso di soggiorno, scadenza per irreperibilità. Nel quinquenni preso in considerazione sarebbero quasi 15 mila persone cancellate dall’anagrafe, vale a dire circa 3.000 all’anno.
Negli ultimi anni (per cui non esiste ancora una ricostruzione intercensuaria) i flussi in uscita sembrano essersi intensificati, oltre a 3,4 mila individui che hanno cancellato la propria residenza per l’estero vi sono 17 mila cancellati per altri motivi, il che fa presupporre un numero più elevato di trasferimenti per l’estero; d’altra parte se si applica il fattore correttivo calcolato sul decennio precedente la quota di chi si è trasferito all’estero dal 2012 al 2014 potrebbe arrivare a 20 mila persone (circa 500 mila a livello nazionale), al netto delle persone re-iscritte (cioè coloro che sono stati cancellati ma successivamente re-iscritti perché effettivamente presenti sul territorio).
La crisi come causa principale degli spostamenti all’estero, è testimoniata dal fatto che questi spostamenti tra le frontiere aumentano a partire dal 2008 e vanno via via ad incrementarsi col perdurare della crisi. Tuttavia non sembra lecito parlare di un esodo di massa della popolazione straniera.
Gli stessi insegnanti, che dai banchi di scuola possono essere testimoni di famiglie che rientrano in madrepatria, parlano di numeri tutto sommato contenuti.
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Il tempo del donare. Cittadini stranieri e impegno nel volontariato in Liguria, Deborah Erminio, 2018
La ricerca è stata condotta in collaborazione con ARCI Liguria e ha provato per la prima volta a sondare un fenomeno in crescita e di grande interesse , come rileva il Prof. Maurizio Ambrosini nella prefazione:
“ Questa ricerca del centro Medì-Migrazioni nel Mediterraneo, come già è avvenuto in altre occasioni, apre una nuova prospettiva di analisi dei fenomeni migratori nel nostro paese. In generale, è diffusa la consapevolezza che gli immigrati e i rifugiati trovano varie forme di aiuto da parte dei soggetti solidaristici, organizzati e spontanei. Gli immigrati in sostanza sembrano essere o beneficiari delle forme di aiuto che la società civile fornisce loro, oppure attivi in forme di associazionismo a base etnica, ed eventualmente in attività politiche.
Scarso interesse ha finora invece riscosso il fenomeno di cui si occupa questa ricerca: la partecipazione degli immigrati ad attività di volontariato in ambiti mainstream, ossia non etnici e non direttamente rivolti alla popolazione immigrata. Si tratta con ogni evidenza di pratiche ancora molto minoritarie, ma interessanti per il loro potenziale innovativo. Superano infatti l’idea dell’immigrato come persona bisognosa, destinatario della solidarietà dispensata dagli attori autoctoni, per scoprirne la volontà di protagonismo, il desiderio di essere riconosciuto come soggetto, l’aspirazione a sviluppare servizi di utilità sociale al servizio della società locale. Sotto il profilo teorico, si raccordano con la prospettiva che tende oggi a riscattare gli immigrati da un’immagine di sottomissione a condizionamenti strutturali e di sostanziale passività, per porne invece in luce gli spazi di autonomia e di protagonismo. La partecipazione a forme di volontariato, soprattutto da parte di soggetti esclusi dalla cittadinanza legale come la maggior parte degli immigrati, si può collocare inoltre nella prospettiva dei processi di cittadinizzazione, ossia di una graduale acquisizione di riconoscimento e legittimazione mediante pratiche sociali positivamente connotate. “
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L’ultima spiaggia? Istruzione, formazione professionale, transizione al lavoro e studenti straniera, a cura di Maddalena Bartolini, 2018
L’obiettivo generale di questa ricerca è stato quello di mettere al centro dell’analisi i giovani di origine immigrata, non tanto quindi come oggetto della ricerca ma come soggettività capaci di produrre significati e di ripensare ai propri percorsi formativi e lavorativi, spesso considerati irreversibili. Il discorso pubblico non è infatti stato in grado, “dall’alto”, di ripensare
a quelle strutture sociali, politiche e culturali che da decenni sono connotate dalla presenza dei figli dell’immigrazione (Sayad, 2002).
Scrive ravecca (2009,16): “Il costante e rapido incremento della popolazione studentesca multietnica ha mutato la demografia dei sistemi d’istruzione dei paesi occidentali facendo emergere un bisogno di conoscenza delle caratteristiche descrittive e dei problemi che originano in termini di politiche scolastiche e di orientamenti pedagogici. E’ emerso quasi subito, o quantomeno
a partire dalla crescita della presenza di ragazzi di origine straniera nella scuola secondaria e nella formazione professionale, che essi rappresentano una nuova fascia debole, a rischio di fallimento scolastico.”
In un contesto nazionale in cui la mancanza di equità – intesa come opportunità di avere accesso alle stesse opportunità o chance educative – è manifesta, diventa urgente quindi mettere a fuoco alcuni nodi irrisolti del sistema educativo italiano nei confronti dei giovani immigrati o di origine immigrata. In particolare uno dei passaggi più critici sembra essere quello tra la scuola secondaria di primo grado e la secondaria di secondo grado. Usciti dalla scuola media tutti gli studenti devono essere orientati e decidere del proprio futuro
scolastico e di vita, ma spesso gli strumenti sono insufficienti. Su che tipo di orientamento possono contare gli studenti di cittadinanza non italiana? Perché spesso la scelta dell’istruzione professionale risulta essere una scelta predestinata? quale significato ricopre la formazione professionale nei percorsi dei giovani immigrati o dei figli di famiglie immigrate?
La ricerca sul campo ha avuto l’obiettivo di far luce su queste questioni, tenendo come sfondo la relazione tra migrazione e formazione.
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Italiani ma non troppo? Lo stato dell’arte della ricerca sui figli degli immigrati in italia,
Maurizio ambrosini, Sonia Pozzi, 2019
Il tema delle seconde generazioni – cioè i figli degli immigrati – può sembrare un ambito di interesse recente per la società e per le scienze sociali. Tuttavia, all’interno delle cosiddette seconde generazioni, anche in Italia, troviamo oramai persone che raggiungono i 40 anni, quindi non più bambini o giovani, ma adulti, dai quali da qualche anno sta nascendo anche la terza generazione dell’immigrazione.
Nonostante il fenomeno sia quindi già presente nel nostro Paese da parecchi decenni, rimane comunque un tema caldo e centrale sul quale a partire dagli anni duemila si è concentrato l’interesse delle scienze sociali. L’interesse si giustifica per il fatto che l’insieme di giovani di seconda generazione sta diventando negli anni numericamente più consistente, e sempre più consistente è il numero di giovani con genitori di origine straniera nati e cresciuti del tutto, quindi socializzati completamente, in Italia. L’aspetto della socializzazione, e scolarizzazione completa in Italia, porta con sé nuove sfide e nuoviaspetti da affrontare. Per lungo tempo, e ancora oggi, l’attenzione nei confronti dei figli degli immigrati si era e si è concentrata sulla questione scolastica, quindi le scelte, la riuscita e l’integrazione scolastica, inizialmente nel contesto delle scuole elementari e medie, fino ad arrivare in anni più recenti a ricerche sulle scelte universitarie delle seconde generazioni. Negli ultimi anni, inoltre si sta iniziando a porre l’attenzione anche sul passaggio dalla scuola al mondo del lavoro, alle aspettative e speranze in proposito, e all’inserimento e riuscita dei giovani di seconda generazione in quest’ultimo ambito.
Accanto a questo filone di ricerca se ne è poi sviluppato un secondo, altrettanto centrale, relativo alla questione dell’integrazione e della questione identitaria, spesso declinata nell’assunto del “sentirsi italoqualcosa” o “italiani a metà”.
A partire da questi temi, ritenuti a lungo centrali, nel tempo l’attenzione si è spostata anche su altre tematiche, che riguardano la vita quotidiana socialità, le pratiche e
l’utilizzo di spazi per il tempo libero e più recentemente la questione religiosa.
In particolare le forme di socialità sono state analizzate tenendo in considerazione anche la partecipazione dei giovani di origine straniera a gruppi formali e informali, sia in accezione negativa, come ad esempio l’appartenenza a “bande”, sia in accezione positiva, come l’impegno nell’associazionismo, che, in alcune ricerche rimanda anche alla questione della costruzione
dell’appartenenza e della cittadinanza dal basso, attraverso un’azione di lobbying o comunque di presa di posizione in prima persona rispetto al riconoscimento di sé, alla negoziazione della propria appartenenza e identità e alla possibilità di appartenenza nazionale pur in presenza di caratteristiche somatiche e culturali differenti. Centrale quindi è rimasto il tema dell’identità, indagato però non più solo attraverso la domanda “tu come ti senti?
Italiano o …?”, ma scandagliando la questione linguistica, quella religiosa, oltre che la questione dell’appartenenza formale o sostanziale alla patria ancestrale e all’Italia, che comprende anche tutto il dibattito relativo alla cittadinanza e alle nuove forme di sentirsi appartenente a, dove tuttavia un’appartenenza non si affianca all’altra e non la
esclude, ma diventa un continuum, una fusione che rimanda al concetto di identità multipla (Sen 2006).
A latere si è inoltre aperto un filone di studi che analizza un particolare target di giovani di origine straniera, i minori stranieri non accompagnati (MSNA), che richiedono misure di intervento specifiche e che portano con sé caratteristiche, vissuti, problematiche che si distanziano da quelle delle seconde generazioni “classiche”, ma che sul lungo
periodo confluiscono nella popolazione giovanile di origine immigrata. Nelle pagine che seguono presenteremo un quadro degli aspetti qui sommariamente richiamati.
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Pregare tra due mondi. La pratica religiosa come risorsa per l’integrazione sociale dei migranti , Francesca Lagomarsino, 2018/19
“La ricerca , centrata sul territorio della città di Genova, si è svolta prendendo in considerazione diversi luoghi di culto appartenenti a tre diverse confessioni religiose. In particolare, una chiesa cattolica caratterizzata dalla presenza di un gruppo significativo di immigrati latinoamericani (soprattutto ecuadoriani e peruviani ma non solo) e supportata periodicamente da padri cappuccini peruviani. Due chiese evangeliche di diverso orientamento (una metodista-valdese e una evangelica pentecostale) a cui afferiscono un numero elevato di immigrati in particolare latinoamericani. E infine ….centri islamici……..In questo senso abbiamo fatto riferimento al recente lavoro di Ambrosini, Naso, Paravati (2018) in cui vengono messe in relazione tre ricerche svolte in tre diversi contesti religiosi che coinvolgono fedeli migranti .
La scelta di queste realtà nasce da differenti considerazioni metodologiche. Innanzitutto abbiamo cercato di individuare le realtà che sul territorio erano più conosciute o significative per numero di partecipanti ed erano identificate come luoghi di aggregazione di comunità di stranieri. Inoltre abbiamo individuato quelle realtà che sono state disponibili ad accogliere i ricercatori nelle loro chiese e sale di culto e si sono mostrati disponibili a collaborare con noi.
Rispetto ad altri argomenti di ricerca il tema delle pratiche religiose tocca infatti aspetti molto delicati e personali, in quanto si chiede agli intervistati di mettere a nudo elementi delle proprie scelte di vita che toccano sfere intime e soprattutto che nell’attuale contesto sociale altamente secolarizzata potrebbero essere percepite dall’esterno come “ridicole”, antiquate e socialmente poco valorizzate. Non a caso Maurizio Ambrosini sottolinea come uno dei temi centrali nel rapporto complesso tra religiosità e immigrazione risiede nel “conflitto tra la religiosità degli immigrati e la progressiva secolarizzazione delle società europee. Sotto entrambi i profili, credenze, legami e pratiche religiose sono considerate fondamentalmente patologiche ai fini della convivenza e dell’integrazione sociale”
Più vicini che lontani. Giovani stranieri tra percorsi di cittadinanza e questioni identitarie, Francesca Lagomarsino, Deborah Erminio, 2019
Questa ricerca riprende i lavori che il Centro Studi Medì ha dedicato alle questioni delle seconde generazioni focalizzandosi questa volta sui percorsi positivi, sulla “normalità” delle vite quotidiane, invertendo così la prospettiva di analisi tradizionale che per lo più tende a osservare le cause dell’insuccesso (scolastico, professionale) e dei percorsi di marginalizzazione. Al tempo stesso è indubbio che questi giovani appaiono continuamente sotto osservazione da una parte della società, attraversata da quell’ansia di assimilazione, per cui un accento diverso, un nome particolare o il colore della pelle innescano un processo di stigmatizzazione e un’ implicita domanda di rassicurazione; quella parte di società che tradisce la fatica di conferire lo stesso grado di “italianità” al giovane di pelle nera o alla ragazza con il velo, spesso condizionata da stereotipi o da allarmi securitari. Se dunque una parte della popolazione chiede ancora di rispondere alla domanda implicita “siete sufficientemente integrati?”, la realtà è già altrove, come dimostrano le storie di tanti ragazzi che crescono e vivono fuoriuscendo dai tentativi semplicistici di etichettamento. Nella quotidianità c’è già una pluralità fatta di giovani differenti, figli di stranieri, figli di coppie miste, figli di italiani che condividono gli stessi spazi cittadini. Dalla nostra ricerca emerge chiaramente come la loro presenza, frutto di una storia di immigrazione ormai più che trentennale, ponga la società di fronte all’opportunità di un cambio di paradigma: il meticciato da futuro temibile a trasformazione già avvenuta e irreversibile.
La Liguria duale dell’accoglienza. Buone pratiche, opportunità e problematiche tra aree rurali e area metropolitana genovese, Francesca Martini e Maddalena Bartolini, 2019
Si tratta di una ricerca condotta dal Centro Studi Medì e sostenuta dalla Fondazione Compagnia di San Paolo. L’obiettivo è stato quello di studiare e comprendere come l’accoglienza e l’inserimento delle persone richiedenti protezione internazionale si fosse attuata nel contesto ligure. La ricerca si è svolta in due ambiti territoriali distinti e precisamente: i piccoli comuni interni e l’area metropolitana genovese. Si sono analizzate in particolare le modalità e le differenze con cui contesti territoriali molto diversi hanno risposto (o meno) alle sfide dell’accoglienza Nelle conclusioni si propone una sintesi che, partendo da due ambiti così diversi, prova ad enucleare qualche elemento utile per le politiche di intervento.
Il mutamento della Val Polcevera nel racconto dei suoi abitanti, Andrea T. Torre, Agostino Petrillo, 2019/20
La Val Polcevera è un quartiere genovese che ha affrontato – o per meglio dire subito – grandi mutamenti nel corso degli ultimi 100 anni. L’inurbamento avviene in seguito all’insediamento dell’industria siderurgica sin dai primi anni del ‘900. Una seconda grande fase di cambiamento si verifica nel secondo dopoguerra; lo sviluppo delle migrazioni interne, sempre legato al mercato del lavoro, genera una nuova migrazione sia dalle aree interne del genovesato che – in misura maggiore – dalle regioni del Sud Italia che rimescola profondamente il tessuto abitativo della vallata, portando con sè opportunità ma anche molte tensioni sociali. La fase della de-industrializzazione degli anni ’80 crea una nuova faglia, questa volta meno impetuosa ma non meno incidente; essa si intreccia con il continuo calo demografico della città, il suo invecchiamento e con il l’inizio dell’immigrazione straniera, che tocca il quartiere a partire dalla fine del secolo. A fronte dei “vuoti” lasciati dal declino industriale il quartiere, seppur in modo asimmetrico, ha vissuto e sta vivendo tutt’ora una fase di “anomia” e marginalizzazione che la recente tragedia del Ponte Morandi non ha fatto altro che acuire. La perdita di punti di riferimento e di certezze, che seppur a fronte di lotte e conflitti, il lavoro in fabbrica aveva portato ha lasciato spazio ad una profonda incertezza e senso di precarietà che rischia di ribaltarsi nelle relazioni sociali.
Quarant’anni dopo. Genova e le migrazioni, 2020
La presenza di cittadini stranieri extracomunitari si afferma agli occhi dell’opinione pubblica dopo l’approvazione della legge Martelli (L. 39/90). In concomitanza con il primo testo legislativo organico sul tema, si assiste anche alla prima sanatoria che evidenzia, appunto, una consistente presenza di cittadini stranieri sino ad allora non rilevati. Anche a Genova, come nel resto del paese si assiste a questa situazione che, per la particolarità dell’insediamento, nel Centro Storico e non nei quartieri periferici, dà avvio una fase in cui il fenomeno viene largamente sovradimensionato dalle forze politiche ostili e dai media. All’inizio degli anni ’90 Genova stava vivendo un periodo economico complesso dovuto alla crisi delle attività portuale e al ridimensionamento dell’apparato industriale IRI in corso dagli anni ’80. Nel contempo la popolazione era già in forte calo ( – 170.000 unità rispetto all’apice raggiunto nel 1965).
L’immigrazione si è inserita in questo scenario; nel corso del primo decennio si assistette ad un radicale mutamento della sua composizione nazionale (da immigrazione maschile proveniente dal nord Africa ad una marcata presenza femminile dall’America Latina). Il vero salto di qualità in termini quantitativi, però, si è avuto, come nel resto del Paese, nel primo decennio di questo secolo con una crescita del 185% ed un progressivo radicamento nel tessuto cittadino. Il percorso è confermato anche negli ultimi anni di crescita meno marcata ma con un processo di acquisizione di cittadinanza che negli ultimi cinque anni ha interessato oltre 12.000 persone; nonostante questo rallentamento ormai la popolazione straniera raggiunge il 10% del totale in un contesto demografico che ha visto un ulteriore deciso calo della popolazione e un processo di invecchiamento che sembra non avere ostacoli. La ricerca intende analizzare l’impatto che l’immigrazione ha avuto sulla città di Genova nel corso di questi trent’anni provando a suddividere questo periodo in fasi migratorie che hanno avuto, ciascuna, la propria caratterizzazione rispetto ai paesi di provenienza, al genere, alle dinamiche di arrivo e di insediamento. Si cercherà di accompagnare lo sviluppo dell’immigrazione con i principali mutamenti economico sociali che la città ha vissuto in un trentennio.
Il libro sarà pubblicato da Genova University Press – Marzo 2023
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